domenica 25 settembre 2011

Conversione delle biomasse a fini energetici

I processi di trasformazione possono essere classificati come:
• Combustione diretta.
• Processi di conversione chimica, più in specifico termochimici e biochimici.
• Processi meccanico / chimici dai quali si ottiene combustibili liquido attraverso spremitura e transerificazione.
Combustione diretta
Il processo di combustione avviene grazie all’utilizzo di stufe o caldaie, che possono essere di varia potenza, ed utilizzano come combustibili il legno (sotto forma di tronchetti, pellet, segatura, cippato), residui e prodotti agricoli, come paglia e semi, oppure residui agroalimentari.
Questa tecnologia presenta quindi il vantaggio di poter utilizzare materiale ritenuto “di scarto” e puó essere accoppiata con motori per la cogenerazione, in specifico l’impiego può essere possibile in turbine a gas a combustione esterna, motori Stirling, cicli vapore e cicli ORC.
Un’altra applicazione possibile è rappresentata dalla co-combustione, mediante la quale viene bruciata biomassa assieme al carbone, permettendo quindi di risolvere i problemi di approvvigionamento di biomassa e ridurre allo stesso tempo il consumo complessivo di carbone.
Conversione chimica
La distinzione che è possibile fare è tra la conversione termochimica e quella biochimica.
Il primo processo preso in considerazione è quello termochimico, il quale si basa sull’azione del calore che permetterebbe le reazioni chimiche necessarie per la trasformazione della biomassa (in genere legna e derivati, scarti di lavorazione e sottoprodotti di tipo lignocellulosico).
Un esempio di conversione termochimica è rappresentata dalla gassificazione, ovvero quel processo in cui la conversione della biomassa in composto gassoso avviene attraverso reazioni di ossidazione con ossigeno, aria, vapori e miscele di questi a temperature di circa 1000 °C.
Oltre alla gassificazione, rientra nella categoria dei processi termochimici anche la pirolisi.
Per pirolisi si intende un processo di decomposizione termochimica del materiale organico che si ottiene attraverso l’applicazione di calore (a temperature comprese tra i 400 ed i 1000°C), in condizioni di assenza di ossigeno.
Quest’ultimo particolare è ciò che distingue il processo della pirolisi dalla combustione, la quale richiede invece la presenza di un agente ossidante, appunto l’ossigeno.
Esiste inoltre un punto di contatto tra le due tecnologie illustrate, ovvero la pirogassificazione:
questa tecnologia permette di ottenere come prodotto finale il syngas, il quale ha il vantaggio di poter essere utilizzato sul luogo di produzione oppure può consentire lo stoccaggio in gasometri o essere trasportato attraverso gasdotti.
Un altro modello di conversione chimica è rappresentato dal processo biochimico. Questo processo permette di ricavare combustibile gassoso attraverso le reazioni biochimiche scatenate da enzimi, funghi o altri micro-organismi che si formano nella biomassa quando questa è conservata in particolari condizioni.
Un esempio di reazione biochimica è la digestione anaerobica ovvero un processo che avviene in assenza di ossigeno e permette il disfacimento di lipidi, glucidi e protidi contenuti nella materia organica, grazie all’azione di micro-organismi.
Il prodotto principale è un biogas costituito prevalentemente da metano (50-60 %) e CO2; altri sottoprodotti sono invece residui solidi che possono essere impiegati come fertilizzanti perché composti per lo più da fosforo, potassio ed azoto.
Accanto alla digestione anaerobica, troviamo tra i processi biochimici, tra cui la fermentazione alcolica, attraverso la quale è possibile ricavare bioetanolo in seguito alla trasformazione dei glucidi (proprio per questo motivo le biomasse utilizzate contengono una buona percentuale di zucchero e le più sfruttate sono barbabietola, canna e sorgo dolce).
Conversione meccanica
Questo ultimo tipo di conversione ricava combustibile attraverso operazioni prettamente meccaniche, come la spremitura, alle quali a volte si aggiunge la combinazione con processi chimici.
In questo caso le colture preferite sono colza, girasole, soia e palma, con rese diverse; l’olio vegetale viene quindi ottenuto semplicemente attraverso spremitura o spremitura associata ad un solvente, ed il prodotto finale, generalmente indicato come olio grezzo, seguirà un processo di raffinazione per eliminare eventuali impurità.
Conversione meccano-chimica
I processi meccanico-chimici permettono di ottenere un importante prodotto energetico, ovvero il biodiesel.
Il biodiesel è il prodotto di un’operazione chiamata transerificazione: si tratta della reazione per sostituzione dei componenti alcolici, come il glicerolo, con metanolo.
Ciò che in questo caso si ottiene assomiglia per molti aspetti al normale diesel e può rappresentarne una buona alternativa anche nei motori di piccola taglia; per quanto riguarda invece un raffronto con altri oli vegetali, il biodiesel presenta minori emissioni di particolato anche se risulta essere incompatibile con alcuni materiali impiegati con la costruzione di motori, come il bronzo, il rame e lo stagno.

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