lunedì 12 settembre 2011

Certificazione della sostenibilità

Difficile trovare una definizione della parola certificazione che non rimandi, in prima battuta, a quella di certificato.
Wikipedia reindirizza da certificazione a certificato, e recita: In senso proprio il certificato (dall'espressione tardo-latina certum facere, 'dichiarare vero', composta da certum, 'certo', e facere, 'fare') è il documento contenente una certificazione, intesa quale atto giuridico e, più precisamente, dichiarazione di conoscenza di fatti, atti o qualità, rilasciata in forma scritta da un soggetto investito di determinate attribuzioni ….
Volendo trovare una definizione di ‘certificazione della sostenibilità’, alle già citate difficoltà nell’intendersi sul significato di una parola, se ne aggiungono altre, quasi a creare un connubio incomprensibile.
Si può comunque operare la scelta di concentrarsi su un aspetto singolo di questo connubio, e dichiarare sinteticamente cosa rappresenti.
L’approccio più completo dal punto di vista ingegneristico è probabilmente quello legato all’analisi del ciclo di vita di un oggetto, cioè all’esame dell’assorbimento di risorse necessario per realizzarlo partendo dalle materie prime fino ad arrivare al suo smaltimento, o riciclo.
Questo approccio fornisce un elevato grado di dettaglio circa le fasi o i componenti di un prodotto che sono maggiormente energivore, ma richiede una conoscenza molto approfondita di ogni prodotto e della sua tecnologia produttiva.
La certificazione basata sul ciclo di vita sta iniziando a diffondersi, ma la certificazione di singoli aspetti della sostenibilità riscuote forse maggiore successo, perché di più semplice comprensione.
All’aumentare dei tipi di certificazione aumenta il rischio che si crei confusione, perché vengono a crearsi diversi tipi di rating, magari non comparabili fra di loro. Questo avviene, ad esempio, nella certificazione nel settore delle costruzioni.
Gli aspetti che vengono presi in esame dalle certificazioni sono spesso focalizzati sulla riduzione degli sprechi, in particolare quelli energetici, e sui consumi, sia attuali che futuri.
Gli scarti di lavorazione costituiscono un capitolo a se stante, al quale si cerca di rimediare con operazioni di riciclo.
Se questo metodo valutativo è accettabile per le costruzioni, o per i beni industriali, altrettanto non vale per le produzioni agricole, per le quali lo stoccaggio è critico, sia perchè spesso è possibile solo per brevi periodi di tempo che per gli elevati costi che comporta. Ma una certificazione della sostenibilità che non ponga dei requisiti circa l’utilizzo del prodotto non venduto, o anche di quello non raccolto per semplici considerazioni economiche sarebbe priva del criterio di credibilità.
E’ pertanto necessario impiegare tutto ciò che viene prodotto, che potrà essere destinato ad usi diversi a seconda anche di considerazioni economiche o scelte imprenditoriali.

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