sabato 25 giugno 2011

Coltivare e custodire (2)

La macchia
L’esperienza insegna che questo richiede tempo, applicazione ed anche una certa dose di competenza. La mancanza di questi elementi si manifesta in modo evidente sullo stato di salute della pianta. Una settimana di lavoro più intenso, qualche imprevisto che assorbe buona parte del tempo libero o un week end trascorso fuori porta potrebbero già lasciare il segno sugli inquilini viventi della casa, e talvolta accade di accorgersene quando già le foglie iniziano ad ingiallire, ed i fiori ad appassire.
La pianta lasciata nel suo habitat naturale era comunque esposta a molte minacce, sia legate agli eventi atmosferici che alla presenza di più o meno voraci erbivori che ne potrebbero attentare la fibra. Al riparo delle mura domestiche questo pericolo le viene risparmiato.
Meglio il travaso, a questo punto.
Prima di decretare una sentenza sull’esistenza altrui, anche fosse vegetale, è comunque doveroso sincerarsi di avere condotto correttamente l’ analisi, di avere considerato con il giusto peso tutti gli elementi, e di avere agito nelle giuste condizioni di serenità e imparzialità.
Può essere di aiuto andare a fare quattro passi in un bosco, o percorrere una stradina di campagna per applicare questa verifica al caso della piantina. Si prende contatto con il suo contesto naturale, gli elementi che lo determinano e quelli che lo condizionano, i pericoli a cui è esposta e la sua possibile funzione all’interno del micro sistema che popola.
Tra le mura domestiche, o comunque dietro lo steccato di un giardino senza dubbio non mancano cure e protezione, e nemmeno portentosi nutrimenti e medicamenti. Ma quelle radici erano destinate a protendersi nel terreno per trovare l’acqua quando il clima era secco, e a sfidare l’impeto del vento quando infuriava la tempesta.
Varie altre forme vegetali ed animali avrebbero abitato la pianta. Alcuni pigri parassiti, altri semplici coinquilini, che approfittavano dell’ombra o di un po’ di linfa in cambio di qualche altro utile servizio offerto al loro padrone di casa. Le foglie ingiallite, o i rami secchi, anziché essere imbustati nell’umido della differenziata sarebbero stati affidati al vento, che li avrebbe prima staccati, e poi portati in un posto un poco distante.
Un totale stravolgimento della prima sentenza, perché la natura non presenta alcun pericolo di perire, allora? Senz’altro no, ma la natura si preoccupa, appena la pianta è abbastanza grande, di garantirle un seguito. Perché oltre al fiore, nella natura, arriva un frutto ed un seme, e poi un’altra vita. Difficile trovare una pianta isolata. Più facile un gruppo di piante vicine, un boschetto, a volte la macchia.
Quella macchia che a casa si pulisce.

giovedì 16 giugno 2011

Coltivare e custodire

continua dal precedente, Fiori Recisi
Le dita iniziano a scivolare lungo il gambo, fino a fermarsi nel punto in cui reciderlo sembra più facile. All’aumentare della pressione dei polpastrelli pare sentire scorrere la linfa nello stelo, e l’anelito di vita farsi presente con chiarezza.
Gustare la bellezza del fiore senza privarlo della sua vita è comunque possibile. Prendendo l’intera piantina, con tanto di radici, per trasferirla in un vaso le renderebbe salva la vita. L’alternativa che si presenta anche la possibilità di gustare più a lungo della freschezza del fiore, ma richiede l’assunzione di un impegno oneroso, che si protrae nel tempo. Una prima fase, transitoria, interessa il travaso ed il trasporto, la scelta di uno spazio in cui sistemare il vaso che permetta corretta esposizione alla luce. La seconda fase riguarda alimentarla e mantenerla in fiore. Questo richiede somministrare con costanza l’acqua, rimuovere le parti morte e vigilare che elementi infestanti, o patogeni non facciano la loro comparsa. Coltivarla e custodirla.