martedì 27 novembre 2012

La crisi

Tra i problemi, i dibattiti ed il desiderio di revisioni si fa sempre più martellante la mancata consolazione dell'antico motto: mal comune mezzo gaudio. Purtroppo, o per fortuna, il mal non è comune. E chi lo subisce, è anche costretto a non guardarsi troppo attorno! Per quante pagine siano state già scritte sulle cause della crisi, sui nobel in assegnazione all’economista che avrà previsto o predetto o profetizzato teorie, ancora ci sono cose da dire. Dato per assodato che indietro non si torna, è necessario pensare alla necessità di un nome che descriva l’attuale situazione economico-sociale. Ma soprattutto è necessario riproporre l’antico quesito: decrescita o sviluppo (sostenibile)? Realmente difficile individuare una scelta responsabile che non comprenda una riduzione dei consumi. L’impressione di proferire una blasfemia è forte quando si afferma la necessità di ridurre i consumi, perché il nostro sistema economico fonda sul continuo aumento dei consumi il proprio fondamento. Ed il dato relativo alla produzione di rifiuti è significativo della necessità di decrescita: il valore medio europeo è di circa 500 kg di rifiuti annui per persona. Difficile che siano 500 kg tra contenitori e semplici imballi. Dal rapporto ISPRA sui rifiuti urbani, è possibile vedere che i rifiuti per imballaggio ammontano a circa 150 kg annui. E' possibile scaricare il rapporto all'indirizzo: http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rifiuti2012/rapporto-rifiuti-2012-estratto.pdf Il progresso tecnico ha consentito un aumento enorme dell’efficienza del lavoro umano: cosa era prodotto ad inizio secolo da 100 persone è prodotto ora da 10, o forse 5 persone. Ma se tutti debbono comunque lavorare, a cosa giova tutto questo? Il nostro sistema economico fornisce una risposta molto semplice: ognuno ha ora un benessere decisamente superiore a prima, possiede molte più cose, consuma molto di più, e per questo si deve lavorare.

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